La recente ammissione dei referendum sul lavoro da parte della Corte Costituzionale riporta al centro del dibattito alcune tematiche chiave della regolamentazione dei rapporti di lavoro, con possibili impatti significativi per aziende e lavoratori.
Tra i punti cruciali sottoposti a voto, emerge la richiesta di abrogazione delle tutele crescenti previste dal D.lgs 23/2015, una normativa che ha introdotto un sistema indennitario più prevedibile e, in molti casi, più vantaggioso per entrambe le parti rispetto al “vecchio” articolo 18. Un paradosso normativo, come evidenziato nell’articolo de Il Sole 24 Ore, considerando che l’attuale disciplina garantisce già tutele molto simili alle precedenti.“Il lavoro è un diritto, ma anche un dovere: un equilibrio che la normativa deve garantire senza soffocare la crescita delle imprese.”
Cosa potrebbe cambiare per le aziende?
• Ritorno a un regime di reintegra più ampio in caso di licenziamenti illegittimi.
• Maggiori vincoli nella gestione dei contratti a termine, con l’introduzione di causali stringenti per le proroghe e i rinnovi.
• Impatti economici rilevanti per le PMI, che potrebbero dover affrontare costi più elevati in caso di contenzioso.
In un contesto già complesso per il mercato del lavoro, queste possibili modifiche rappresentano una sfida importante per il sistema delle imprese italiane, che dovranno valutare con attenzione i possibili effetti sulle proprie strategie di gestione del personale.
Una scelta ideologica, di una sinistra che ancora oggi è convinta che la stabilità lavorativa e contrattuale dipenda da rigidità normativa.
L’insegnamento che spesso viene trasmesso alle giovani generazioni è che il posto di lavoro sia prima di tutto un diritto, dimenticando però che è anche un dovere.